TRASFERIRSI IN SPAGNA

TRASFERIRSI IN SPAGNA

Trasferirsi in Spagna come in qualsiasi altro paese e cambiare vita è sicuramente il sogno di molti. Tuttavia, per farlo con sicurezza è bene conoscere la normativa di riferimento di ogni paese. Oppure, ancora meglio sarebbe bene affidarsi a professionisti, al fine di non trovarsi, dopo qualche tempo con spiacevoli sorprese dal Fisco italiano.

Una persona che vuole trasferire la residenza in Spagna o che intende permanere in un altro stato per più di 12 deve cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente presso il proprio Comune di residenza e presentare richiesta di iscrizione all’AIRE (ossia l’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) direttamente presso il Consolato italiano competente dove decide di trasferirsi, oppure presso il proprio Comune di residenza, prima del trasferimento.

Ai fini della legge italiana un contribuente è considerato fiscalmente non residente quando per la maggior parte del periodo di imposta non è stato residente, né ha avuto il proprio domicilio in Italia. Da notare, che ai fini fiscali non è rilevante soltanto la residenza ma anche il domicilio, che si considera come la sede in cui il soggetto svolge i propri affari ed interessi economici. Di conseguenza, quando un soggetto è considerato non residente, non sarà assoggettato alla tassazione in Italia ad eccezione dei redditi prodotti nel territorio italiano.

Potresti comunque trovarti a dover dimostrare l’effettivo trasferimento nello Stato estero a seguito dei controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate; pertanto è opportuno che si possa provare con qualsiasi elemento disponibile lo svolgimento di un rapporto continuativo e i collegamenti nel nuovo Paese di residenza.

PERCHÈ REGISTRARE UN MARCHIO

PERCHÈ REGISTRARE UN MARCHIO

Quando avete un progetto, un’idea o un disegno per qualcosa, è altamente consigliato registrarlo. In fin dei conti, un marchio è ciò che distingue un prodotto o un servizio dalla concorrenza.

Registrando un marchio, l’imprenditore ottiene il diritto esclusivo di utilizzarlo e, allo stesso tempo, di impedire ad altri di usare quel segno per offrire un prodotto o un servizio simile. Ciò contribuisce anche a evitare la confusione agli occhi dei potenziali consumatori…

Se un imprenditore non registra correttamente il proprio marchio, tutti gli investimenti che effettua per commercializzare il proprio prodotto o servizio possono risultare infruttuosi, poiché i suoi concorrenti possono utilizzare lo stesso marchio o un marchio simile, che i consumatori potrebbero acquistare. Pertanto, si perderanno opportunità commerciali, non si riuscirà a raggiungere il proprio pubblico di riferimento e si avrà una cattiva reputazione e immagine.

Per questo la registrazione di un marchio servirá per i seguenti motivi:

  1. È una garanzia che i loro prodotti o servizi si distingueranno sul mercato.
  2. Ha un effetto differenziante.
  3. Favorisce una buona immagine e reputazione.
  4. Può essere oggetto di licenza.
  5. È essenziale per eventuali accordi di franchising.
  6. È un primo passo per ottenere finanziamenti.
  7. Promuove il mantenimento e il miglioramento della qualità del prodotto o del servizio.
  8. È un bene commerciale.

Pertanto, le idee imprenditoriali devono essere registrate per poterle sfruttare nel modo più efficiente e redditizio.

Se desiderate un consiglio professionale CONTATTATECI!

LA MARCA ZARA NON È MOLTO FAMOSA IN INGHILTERRA

LA MARCA ZARA NON È MOLTO FAMOSA IN INGHILTERRA

Interessante caso che riguarda il marchio Zara nel Regno Unito, riportato dal mondo della proprietà industriale ed intellettuale. Il noto rivenditore di abbigliamento ZARA ha perso una disputa sul suo marchio contro una piccola boutique aperta in Inghilterra.

Amber Kotrri possiede una boutique di abbigliamento con il nome di «House of Zana» e ha chiesto di registrare il suo marchio presso l’Ufficio britannico della proprietà intellettuale UKIPO.

ZARA si è opposta al nuovo marchio, sulla base dei suoi precedenti marchi «Zara» registrati per abbigliamento e negozi. ZARA sosteneva che il suo marchio era rinomato/noto e che per questo esisteva un rischio di confusione tra i due segni.

La sig.ra Kotrri ha sottolineato che il nome della sua boutique deriva dalla parola albanese che indica le fate e che il motivo dell’utilizzo di tale nome è dato dal fatto che suo marito è albanese.

L’Ufficio ha riscontrato alcune somiglianze tra ZANA e ZARA. Tuttavia, ha escluso la totale somiglianza tra i segni, poiché le parole HOUSE OF nel nuovo marchio consentivano di distinguere i due marchi.

L’UKIPO ha anche respinto una possibile confusione, basata sulla reputazione del marchio ZARA. Ritiene che vi sia solo una bassa probabilità di associazione tra i segni, nella mente del consumatore. Pertanto, i due marchi possono coesistere sul mercato senza confondere il consumatore.

Danimarca viola le norme UE esportando formaggio con il nome «Feta»

Danimarca viola le norme UE esportando formaggio con il nome «Feta»

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha concluso che la Danimarca ha violato gli obblighi previsti dal diritto dell’UE non avendo posto fine all’uso del nome «Feta» per il formaggio prodotto nel Paese e destinato all’esportazione in Paesi terzi..

Il caso è stato sottoposto alla Corte dell’UE dopo che la Commissione europea, sostenuta da Grecia e Cipro, ha sostenuto che la Danimarca ha violato gli obblighi previsti dal diritto dell’UE non impedendo e bloccando l’uso della denominazione «Feta» per il formaggio prodotto in Danimarca e destinato all’esportazione in Paesi terzi.

Tuttavia, la Danimarca ritiene che la legislazione si applichi solo ai prodotti venduti all’interno dell’Unione e non riguardi le esportazioni verso Paesi terzi.

La denominazione «Feta» è stata registrata come denominazione di origine protetta (DOP) nel 2002 e da allora può essere utilizzata solo per il formaggio originario della zona geografica delimitata della Grecia e nel rispetto delle condizioni applicabili a tale prodotto.

Nella sentenza menzionata la Corte di giustizia chiarisce, innanzitutto, che il regolamento del 2012 istituisce un sistema di denominazioni di origine protette e di indicazioni geografiche protette al fine di aiutare i produttori legati a un’area geografica, garantendo alle denominazioni di tali prodotti una protezione uniforme su tutto il territorio dell’Unione europea, come avviene per i diritti di proprietà intellettuale.

La decisione conferma quindi che l’uso non autorizzato di una denominazione di origine protetta non è consentito, sia che il prodotto sia venduto all’interno dell’Unione Europea sia che venga esportato in Paesi terzi.

CARTIER CONTRO TIFFANY, LA GUERRA DEL LUSSO E LE ACCUSE DI SPIONAGGIO INDUSTRALE

CARTIER CONTRO TIFFANY, LA GUERRA DEL LUSSO E LE ACCUSE DI SPIONAGGIO INDUSTRALE

Cartier denuncia Tiffany per furto di segreti, Bernard Arnault fa causa a François Pinault. Ecco come sono le guerre più affascinanti.

L’angelica Audrey Hepburn potrebbe essere la protagonista di un nuovo film: La battaglia dei diamanti. Audrey lavora come assistente alla direzione dell’azienda francese Cartier, una posizione poco glamour ma con accesso a informazioni molto sensibili. Il suo sogno ossessivo è sempre stato quello di entrare da Tiffany – come brillantemente rappresentato nel film Colazione da Tiffany – e non si ferma finché non ci riesce. Prima ruba i dossier segreti della strategia di alta gioielleria di Cartier dalla scrivania del suo capo, li copia con il suo cellulare – immaginate la scena al cinema – e poi li passa a Tiffany in cambio della sua assunzione.

Nella vita reale, Audrey Hepburn si chiama Megan Marino e la sua storia è alla base di una causa multimilionaria presentata in un tribunale di Manhattan dal marchio francese Cartier contro il concorrente americano Tiffany. Cartier – che appartiene al gruppo svizzero Richemont – accusa Tiffany di aver rubato progetti riservati per le sue collezioni di alta gioielleria, i cui pezzi hanno un prezzo compreso tra 50.000 e 1 milione di dollari.

La battaglia dei diamanti potrebbe essere una serie Netflix, dato che Megan Marino è durata solo cinque settimane da Tiffany. È stata licenziata per incompetenza e si è vendicata facendo saltare l’intero complotto. La direzione di Tiffany», ha detto.

Megan Marino  era più interessata ad essere assunta come fonte di informazioni riservate per Cartier che come manager di alta gioielleria.

Per questi giganti del lusso i segreti commerciali dei loro concorrenti sono più preziosi dei diamanti che Audrey Hepburn guardava nella vetrina di Tiffany.

Lo spionaggio nel mondo del lusso ha toccato anche altri settori, come quello della bellezza, dell’industria alberghiera e della ristorazione, e persino la Formula 1. L’Oréal è stata sanzionata per aver inviato delle spie a carpire i segreti del successo degli esclusivi centri di bellezza Guinot. Starwood Hotels ha denunciato Hilton per aver sottratto 100.000 file riservati dei suoi piani strategici. E il team McLaren è stato condannato per aver rubato i piani della monoposto che la Ferrari stava per lanciare.

È per questo che tutte le aziende dovrebbero impiantare una normativa a tutela del segreto aziendale.

In Italia il segreto industriale è protetto dal codice della Proprietà Industriale, il cui art. 98 ne indica l’oggetto di tutela: le informazioni aziendali, le esperienze tecnico-industriali e commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore. In Spagna invece per tutelare i segreti industriale abbiamo la famosa “Ley de secretos empresariales” entrata in vigore il 20 di febbraio del 2019.

COME PROTEGGERE LA PROPRIETÀ INDUSTRIALE NEL METAVERSO

COME PROTEGGERE LA PROPRIETÀ INDUSTRIALE NEL METAVERSO

In Spagna si è aperto da poco un dibattito su come difendere il proprio marchio nel Metaverso. È necessario infomare che già diverse aziende hanno iniziato ad avviare procedimenti giudiziali per plagio.

Il Centro de Estudios de la Asociación para la Defensa de la Marca spagnolo (Andema) e l’Ufficio spagnolo Brevetti e Marchi (SPTO) hanno presentato recentemente a Madrid un informe che analizza le applicazioni dell’intelligenza artificiale nella difesa dei marchi e dei diritti di proprietà industriale.

La studio fatto evidenzia che la Spagna può diventare una potenza mondiale nella tutela della propietà intelletuale, ma deve superare i suoi limiti tecnologici.

L’irruzione dell’intelligenza artificiale ha creato un nuovo problema nella difesa dei diritti di proprietà industriale, spaziando dai servizi disponibili in questo settore, come gli strumenti di sorveglianza o i meccanismi di protezione basati sulla tecnologia blockchain, fino alla tutela dei diritti nel metaverso o marchi di terza generazione e la tutela riguardo ai titolari di tali diritti, nel caso di avatar o robot.

Già diversi titolari di marchi stanno utilizzando l’intelligenza artificiale applicando i loro prodotti e popolarità nel metaverso, nella quale si realizzano esperienze interattive e innovative.

Recentemente, il marchio Hermes ha iniziato una causa legale contro un utente del metaverso per aver presumibilmente copiato la sua iconica borsa Birkin, apparsa in una di queste ricreazioni virtuali sotto il nome di Mertabirkins. Di conseguenza, gli esperti si chiedono se sia necessario ridefinire quale sia l’ambito di protezione dei marchi in questa nuova realtà.

Nella ricerca spagnola si è parlato inoltre di come l’intelligenza Artificiale influisca su tutto, non solo sul diritto, ma anche sull’economia, sulla scienza e sulla società.

A questo proposito, lo studio svolto evidenzia come la società stia già affrontando il problema dell’intelligenza artificiale come titolare di diritti di proprietà industriale. Queste sono solo alcune delle domande che sorgono: ci saranno opere d’arte senza titolarità, ne diritti? L’intelligenza artificiale può essere riconosciuta come co-autore? È possibile che le invenzioni esistano senza un inventore?

Tra le conclusioni più positive e meno preoccupanti dello studio c’è il fatto che la Spagna si è posizionata come Paese leader nell’applicazione di soluzioni di sorveglianza dell’intelligenza artificiale per la difesa della proprietà industriale. Allo stesso tempo, però, continua a confermare il limite tecnologico esistente della Spagna, che scende al 22° posto della classifica dei paesi per quanto riguarda l’origine dei brevetti di intelligenza artificiale.

Tra le barriere che impediscono l’uso di questa tecnologia per proteggere la proprietà industriale, spicca la mancanza di conoscenza, citata dal 50% degli intervistati, seguita dai costi (24%), dall’incertezza giuridica (16%) e dalla scarsa efficienza (7%). «La ricerca ci mostra che ci sono grandi opportunità in questo mercato, non coperte dai servizi disponibili, soprattutto nell’area della protezione dove le soluzioni non coprono nemmeno il 45% della domanda», ha dichiarato il direttore generale di Andema, Gerard Guiu.

Gli esperti sono concordi nell’affermare che la tendenza è quella di passare dai mezzi tradizionali, lenti, costosi e meno affidabili, a quelli automatizzati che offrono maggiore sicurezza, certezza, velocità e accessibilità.

IL GASDOTTO TRA SPAGNA E ITALIA

IL GASDOTTO TRA SPAGNA E ITALIA

La Spagna è alla ricerca di un nuovo partner con cui rifornire l’Europa del gas naturale liquefatto che arriva sulle sue coste, principalmente dagli Stati Uniti, per questo il primo ministro Pedro Sánchez ha dichiarato che se non ci sarà un gasdotto attraverso la Francia, viste le ultime novità, ce ne sarà uno attraverso l’Italia.


Il ministro considera «molto seriamente» la possibilità di costruire un gasdotto sottomarino con l’Italia a fronte della riluttanza della Francia a completare l’interconnessione attraverso i Pirenei. Inoltre ritiene che la Spagna «non ha bisogno di «esportare gas»», ma che «è disposta ad aiutare l’Europa».

Se l’Europa ha bisogno di essere aiutata, è importante che anche le istituzioni europee e i governi che si trovano nella situazione peggiore siano coinvolti in un dibattito che non sia solo a due vie», ha dichiarato Pedro Sanchez.


Il gasdotto, che avrebbe lo scopo di interconnettere Barcellona con Livorno per inviare il gas naturale liquefatto rigassificato in Europa, non è nemmeno previsto per la costruzione, ma potrebbe incoronare l’Italia come il principale fornitore di gas in Europa.


L’Italia, a sua volta, ha diversi collegamenti con l’Africa, il che significa che riceve gas dall’Algeria e dall’Iran attraverso quattro gasdotti. «La Spagna ha solo la rotta algerina e, dopo il conflitto diplomatico, arriva sempre meno materia prima e l’Italia sta approfittando di questa situazione.
L’Italia dispone di gasdotti che la collegano all’Algeria e alla Libia, fornitori alternativi alla Russia, e di interconnessioni con il Nord Europa attraverso Svizzera, Austria e Slovenia. Inoltre, qualche mese fa il Paese ha raggiunto un accordo con l’Algeria per aumentare gli acquisti di materie prime fino al 40%.

Ma, nonostante la Spagna abbia molto gas da inviare al resto d’Europa, non ha altra scelta che cercare alleati per trasportare la materia prima, a causa della scarsa interconnessione del paese iberico con il resto dei partner del Vecchio Continente.