IL CASO ZORRO E IL DIRITTO D’AUTORE

La societá statunitense titolare del diritto di sfruttamento economico del personaggio di Zorro nonché dei marchi denominativi e figurativi incentrati sulla detta figura letteraria ha lamentato che la parte contraria avesse commissionato uno spot televisivo in cui il personaggio in questione pubblicizzava l’acqua minerale Brio Blu travestito da Zorro così violando i richiamati diritti di proprietà intellettuale facenti capo alla stessa. Ha quindi rivendicato il diritto d’autore sul nome e sul personaggio di Zorro, richiedendo il riconoscimento dell’intervenuta violazione dei diritti in questione, nonché di accertare la confondibilità e la capacità di sviamento e di induzione in errore dello spot pubblicitario in danno di essa istante e di dichiarare illegittimo l’uso, nonché l’illiceità dei benefici dalla stessa convenuta conseguiti con lo sfruttamento posto in essere con riferimento ad un nome e ad un marchio di particolare fama e rinomanza, per ultimo ha richiesto di condannare la convenuta al risarcimento del danno, da quantificare nella somma di Euro 200.000,00, salvo altra, e di ordinare l’immediata cessazione della messa in onda dello spot pubblicitario, nonché di ordinare la pubblicazione su tre quotidiani a diffusione nazionale di un messaggio riparatore.

Il Tribunale di Roma ha pronunciato sentenza non definitiva con cui ha dichiarato che la convenuta aveva violato i diritti di privativa fatti valere tramite la diffusione, nell’anno 2007, per televisione e in via radiofonica, della campagna pubblicitaria dell’acqua minerale Brio Blu.

Il procedimento continua in cassazione e la Corte ha emesso una ordinanza riguardante l’utilizzo della parodia del personaggio di fantasia Zorro stabilendo che la parodia di Zorro è lecita e senza vincoli, in quanto rientra nella libera manifestazione del pensiero. Tuttavia, c’è un limite alla libertà: l’indebito vantaggio tratto dall’uso, anche “caricaturale”, del giustiziere nero.

Per questo la Corte di Cassazione ha stabilito che la parodia è lecita a condizione che non ci sia un indebito vantaggio. Se il personaggio viene usato senza ottenere un giusto ritorno economico, la società statunitense ha il diritto di chiedere il pagamento delle royalties valide fino a 70 anni dalla morte dell’autore. La Corte ha inoltre stabilito che la parodia non può arrecare danno al marchio originale o all’autore, né può pregiudicare i suoi interessi economici. La sentenza della Corte di Cassazione ha dunque definito i limiti della parodia, stabilendo che l’uso del personaggio deve rispettare un giusto equilibrio tra i diritti dell’autore e la libertà di espressione.

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